Ansia e Attacchi di panico? Ti spiego come averne il più possibile!
Ansia e attacchi di panico raccontati in diretta
… Le mani incominciarono a sudare e le gambe tremavano ferme e bruciavano insieme al mio stomaco, sentii il cuore che pompava e mi sembrava di poter contare i peli e i capelli che, ritti, mi parlavano del vento e mi facevano immaginare di sembrare più grande, gonfio… come i gatti. Tutta la mia attenzione era su di me e avrei potuto percepire un granello di polvere sfiorarmi la pelle, avevo l’impressione che tutti mi potessero vedere, tendevo a acquattarmi e iniziai a pensare che mi avrebbero potuto scoprire e che sarei potuto morire. Faticavo a regolarizzare il respiro e, ubriaco di ossigeno, mi sembrava che tutto girasse. Mi guardai attorno e vidi il telecomando nella mia mano e il divano consunto, i libri di mia madre il posacenere con le cicche che vi avevo spento, mi sembrò di andare in mille pezzi, di perdere la mia mente nei tanti frammenti che si allontanavano perdendo la memoria della forma. “Sto morendo..” pensai rincuorandomi. “Sto impazzendo…” constatai angosciato, immobile e senza controllo.
Cosa sono? Sintomi cause e scopi
Il sistema limbico e l’amigdala sono gli organi deputati a far scattare l’allarme, poi c’è la neocorteccia che sottomette alla ragione l’istinto di fuga o di attacco. Sapere questo però non ci aiuta a comprendere e sopportare la sofferenza che si lega al panico, più utile sarebbe comprendere l’utilità della paura. LA differenza tra ansia e attacchi di panico è sul piano ideativo. Nel panico i sintomi sono più intensi e, a volte con durata minore, ma soprattutto è la paura di morire o di impazzire che li caratterizza.
La comparsa di un disturbo d’ansia e di attacchi di panico avviene in genere in periodi stressanti e nelle fasi di passaggio della propria esistenza (Primo figlio; Matrimonio, Pensione; Licenziamento), eventi critici che richiedono una movimentazione psicologica consistente. Non è un caso che la psicoterapia in genere si inizi in corrispondenza di questi eventi critici. (Clicca qui se vuoi leggere A cosa serve uno psicologo o uno psicoterapeuta)
I sintomi dell’ansia sono:
- Palpitazioni e tachicardia (sensazione di cuore in gola)
- Vertigini
- Tremori fini o a grandi scosse
- Sudorazione copiosa e fredda
- Dolore o fastidio al petto
- Possibili disturbi gastrointestinali (Reflusso e/o crampi esofagei e/o nausea e/o difficoltà di deglutizione)
- Dispnea (Sensazione di nodo in gola)
- Brividi o Vampate di calore
- Parestesie (sensazioni di intorpidimento o formicolio)
Ansia e ipocondria: il fantasma delle malattie degenerative. Si tenga presente che i sintomi psicosomatici somigliano molto a quelli di malattie degenerative che fanno molta paura. Per questo non di rado si presentano crisi ipocondriache vere e proprie.
(Clicca qui se vuoi leggere: Sei ipocondriaco? Ti spiego il perchè)
I sintomi degli attacchi di panico
riassumono quelli dell’ansia e presentano sempre e in più le due seguenti manifestazioni:
- Paura di perdere il controllo o di impazzire o di morire (ad esempio, la paura di fare qualcosa di imbarazzante in pubblico o la paura di avere un attacco cardiaco)
- Sensazioni di derealizzazione (percezione del mondo esterno come strano e irreale, come osservandolo attraverso un vetro) e depersonalizzazione (ossia la sensazione di distacco o estraneità dai propri processi di pensiero o dal corpo)
Ma Cosa è la Paura? La paura è utile!
L’ansia e il panico sono sostanzialmente la paura della paura. A un certo punto si teme di riprovare paura. Ma cosa è la paura e a cosa serve? La paura serve sostanzialmente a non farci fare stupidaggini. Idealmente è un sistema di preveggenza, un modo per leggere nel pensiero e poter evitare situazioni pericolose o evitare il dolore. Teniamo presente che in quelle rare patologie in cui il sistema propriocettivo non funziona e non si sente dolore, la paura è praticamente assente; evitare il dolore, fisico prima e psicologico poi, è il motivo per cui proviamo paura.
L’ Ansia e gli Attacchi di panico non avrebbero, quindi, avuto una connotazione patologica in mezzo alla savana, nel tentativo di scappare da un branco di leoni affamati, ovvero nell’attesa di scattare sulla propria preda, mentre sul divano del proprio salotto è difficile comprenderne il senso. Inoltre la parola paura deriva dal verbo “pavire” ossia tastare il terreno. Quindi la paura è uno strumento per prevedere e sondare ciò che potrebbe accaderci. Non va eliminata. Guai! Piuttosto si lavora sugli eccessi che bloccano e sulla paura della paura. Integrarla come strumento di vita.
Il futuro è l’impero di Ansia e Panico. La prima cura stare nel presente.
Ognuno di noi se si sofferma a contemplare il futuro, a immaginare cosa accadrà il giorno seguente proverà una certa ansia. A meno che non ci si trovi in un periodo di innamoramento, pensare al futuro è andare nei territori dell’ansia e di suo cugino il panico. Riuscirò a fare il mio lavoro? Mio figlio supererà l’interrogazione? Mi arriverà una multa? Dunque nei soggetti ansiosi il presente risulta essere molto poco presente.
Un altro modo di vivere nell’ansia significa non vivere le emozioni nel momento in cui emergono. La società si evolve verso un equilibrio fondato sul post-datare le emozioni ossia, per non rivelare le nostre vulnerabilità, reprimere le emozioni per poi farci i conti in momenti altri e, sempre più spesso, in modo del tutto casuale. Così l’angoscia per un lutto può presentarsi anni dopo la perdita e risultare incomprensibile e priva di senso e una emozione che non ha senso genera la paura e il panico. Le emozioni devono quindi essere vissute nel momento in cui nascono ossia nel presente. Se le si reprime queste si proiettano nel futuro in momenti in cui manca il contesto che da senso e lì, nel futuro senza contesto, vive il panico.
“C’è un detto: “Ieri è storia. Domani è un mistero ma oggi è un dono, per questo si chiama presente.” Maestro Oogway
(Kung fu Panda. Clicca qui per vedere il video su you tube)
Panico etimologia
La parola panico viene dal Greco Pan che vuol dire “Tutto”. Dunque l’ansia e il panico costituiscono quella tendenza a proiettarsi nel futuro e cercare di prevenire o risolvere o affrontare il “Tutto” ciò che contiene. Presi dall’ansia cerchiamo di immaginare cosa accadrà e impariamo a immaginarlo così bene che vi sono momenti in cui ci capita di provare, “tutte” insieme contemporaneamente, le emozioni della cresima, della laurea, del matrimonio, del primo figlio, della perdita dei genitori. La ferocia di queste emozioni è molto minore quando gli accadimenti le giustificano e quando si presentano uno alla volta.
(Clicca qui per leggere la definizione della Enciclopedia Treccani)
Il corpo registra le emozioni e le maschere le nascondono
Illusi di controllo attraverso la mente ignoriamo la capacità del Corpo di registrare tali emozioni, un corpo inciso come il vinile che, una volta posto sul giradischi suona una musica che non riconosciamo. Un corpo pattumiera che, piena, al primo urto cade svuotandosi della spazzatura che ci sommerge e che non riusciamo a differenziare perché troppa, perché rei di aver trattato quelle che ritenevamo rifiuti (le emozioni), come tutte uguali e vestigiali. Costruiamo un’immagine pubblica, la persona che in greco si dice proprio “maschera”, e finiamo per credere di essere quello… “sono un avvocato…”, “sono un ingegnere…”. Quando il corpo ci restituisce la verità nasce il panico. Così in “Aula” si ha improvvisamente paura del giudice perché da Avvocati si torna bambini e i bambini hanno paura del GIUDICE. Ma il panico non è allora amore, ilarità, gioia, tristezza, angoscia? Non ci parla forse di noi? Non è forse incassare le emozioni post-datate? Non è riprendere contatto con il bambino? Non sarà, quindi e forse, meglio prestare orecchio? Interloquire con la paura significa considerare il proprio corpo come fonte di informazioni su Sé e sugli altri e non più come emozione da eliminare, gestire e così via. L’unico modo di tenere il controllo è perderlo, concederselo.
Ansia e panico quali cure? Farmaci o Psicoterapia?
Vi sono due approcci fondamentali. Quello che punta ad eliminare il sintomo e quelli che invece accolgono il sintomo come cura. In questo secondo caso l’ansia e il panico sono venuti per curarci dal nostro male di vivere. Tra le terapie che puntano a eliminare i sintomi vi sono le terapie cognitive e brevi, fondate sul rinforzo delle capacità di ragionamento, sullo sviluppo di strumenti per gestire rabbia, collera e panico e contemporaneamente l’origine delle sue forme compulsive e disadattive. Effettivamente risultano più efficaci sul breve periodo rispetto alle terapie psicodinamiche, eppure le terapie cognitive fanno perno sulle capacità di gestione e di controllo ossia proprio su quei meccanismi che, sono alla base dei disturbi d’ansia. Dunque è preferibile una terapia psicodinamica junghiana che si dimostra avere esiti meno immediati ma più strutturali e duraturi.
Farmaci e ansia
Anche la psichiatria e la psicofarmacologia punta al recupero del controllo attraverso l’impiego di farmaci. Ma mai come nel caso dei farmaci per l’ansia e il panico troviamo il rischio di avvelenamento (la parola farmaco vuol dire veleno). Le benzodiazepine (alprazolam, diazepam, clonazepam e molte altre) tendono a indurre una tolleranza in tempi relativamente brevi. Con tolleranza ci riferiamo al fatto che l’organismo tende ad assuefarsi e ad avere bisogno di dosi maggiori per ottenere gli stessi benefici, il tutto genera una dipendenza. La dismissione di questi farmaci, se assunti troppo a lungo, obbliga a un rinverdimento di tutti i sintomi di cui sopra. Anche psicologicamente si crea un circuito di dipendenza dato che le benzodiazepine sono piuttosto efficaci nel sopprimere i sintomi. Ma si faccia attenzione! Fare l’anestesia alle emozioni non vuol dire non provarle. Oggi sono molto impiegati gli antidepressivi (paroxetina, escitalopram e altri) ma anche su questa tipologia di farmaci ci vuole cautela.
Cosa fare con i farmaci?
Consultare prima uno psicologo può essere utile a on intraprendere una terapia farmacologica in quei casi che ne possono fare a meno.
Per tutti gli altri è sempre buona abitudine rivolgersi allo specialista psichiatra e non solo al medico di base. Evitare assolutamente il fai da te. Assumere la terapia per tempi brevi (fatte salve le situazioni in cui si sta curando altro tipo di sofferenza psicologica).
Il Panico esiste da sempre
C’è un dio della mitologia greca che aveva le gambe caprine e il corpo umano, un dio che correva nelle selve e spaventava le ninfe che si lavavano nei ruscelli, e lo faceva tirando fuori urla che impaurivano lui stesso. Il dio Pan è l’incontro con l’animalesco, con l’istintivo, con ciò che è cogente. Questo dio è ciò che oggi chiamiamo ansia e attacchi di panico e ci impone di prestare attenzione a bisogni e istinti inascoltati.
Cure e psicoterapia per l’ansia.
Una psicoterapia è il primo modo per affrontare l’ansia. Prima del medico e prima dei farmaci. Una psicoterapia psicodinamica si sofferma sullo scopo che ha il sintomo. In questo caso il sintomo ci viene a suggerire di perdere il controllo. Accettare il fatto che siamo spettatori degli eventi e che non possiamo eliminare quelli sgradevoli. In questo senso la psicoterapia cerca di aiutare i pazienti a passare la fase di onnipotenza, tipica della prima infanzia, in cui pensiamo di essere noi a creare tutto.
Intervenire sullo stile di pensiero
La psicoterapia con gli obiettivi citati ha come primo step l’educazione del pensiero catastrofico attraverso la correzione proprio del lessico abituale. Suggerire parole più coerenti col dato di realtà è una pratica semplice ma estremamente efficace. In tal senso, ad esempio, un esame è “molto difficile” e non “impossibile”. Il pensiero inoltre deve acquisire una forma che sia meno proiettata al futuro e che usi l’immaginazione come risorsa e non come fuga dalla realtà.
L’abitudine di dire “Ho l’ansia” oppure “C’ho il panico!” è tutt’altro che di secondaria importanza. L’ansia non è di proprietà del soggetto ma appartiene all’oggetto o meglio al contesto. L’ansia è del mondo e è nel mondo. Se pensassimo a l’esame della patente e lo immaginassimo come un pianeta, noi saremmo quella meteora che transita nell’orbita di quel pianeta. Non potremmo non sentirne la forza di attrazione che è tale da deviare la nostra traiettoria psichica. Ma poi passerebbe quella forza. Ma la verità è che più quel pianeta lo abbiamo scelto nel nostro itinerario, e più siamo in grado di sopportare la sua forza di attrazione. Insomma per ridurre l’ansia si deve agire sul nostro itinerario e non sui luoghi che visitiamo o su di noi.
La psicoterapia psicodinamica accoglie l’ansia.
Se un amico bussa la porta di casa e noi non apriamo potrebbe andar via. Oppure… se si accorgesse che noi siamo in casa con altri, magari cenando allegramente e che non volessimo aprire la porta? Allora busserebbe ancora più forte? E se si accorgesse che lo stessimo deridendo ed escludendo si arrabbierebbe ancora di più. Ecco che la signora ansia cresce se tenuta fuori dalla porta, fino a farsi panico.
Cosa fare?
Accogliere l’ansia significa farla entrare e accomodare e chiederle cosa ci vuole dire. Allora ci direbbe di ascoltare i sintomi che
Suggeriscono di ascoltare il cuore che palpita e le nostre emozioni…
Ci invitano a evitare di andare troppo in alto con le nostre ambizioni dove avremmo le vertigini…
Ci informano di trovare cosa è per noi simbolicamente nutriente e che ci evita i disturbi gastrointestinali.
Insomma ogni sintomo e il loro insieme sarebbe il gruppo di amici migliori che potremmo invitare a cena. Questo fa la psicoterapia. Farmaci e approcci cognitivi lasciano tutti fuori dalla porta… ma si sa le grandi rivoluzioni sono sempre la conseguenza delle grandi repressioni. La psicoterapia psicodinamica junghiana e hillmaniana integrano e non reprimono.
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