Omosessualità e omofobia. Il punto di vista della psicologia
Parlare di omosessualità e di omofobia insieme potrebbe essere fastidioso. Eppure se stai leggendo questo articolo, se ti ha colpito questo titolo, se stai ricercando in rete qualcosa relativamente a questo tema, è proprio perché in genere questi due aspetti sono presenti contemporaneamente. Prima di spiegare cosa questo voglia dire e come si pone la psicologia in tal senso è bene dire che la psicologia ha ormai da tempo fatto la sua marcia indietro rispetto a ritenere l’omosessualità una patologia. In verità la psicologia ha dovuto fare molte volte marcia indietro ed oggi invece di guarire dai sintomi si prende cura dei sintomi.
Le preferenze sessuali di ogni singolo individuo non possono e non devono essere soggette a una valutazione in termini psicodiagnostici. La psiche nasce come Pansessuale, ossia vi è la naturale tendenza collettiva a trovare attrazione per una molteplicità di contesti e oggetti e persone. Gradualmente fa capolino la propria personale attrazione. Quando questo accade negli anni ci vede chiamati e impegnati a autovalutarne l’impatto su di noi e chi ci circonda.
Qual è il significato di Omofobia
E’ in questa fase che possiamo imbatterci nel primo omofobico o omofobica che si incontra nella propria esistenza: noi stessi. Omofobia ha un significato che sfugge al suo etimo, infatti il significato sarebbe una persona che ha paura di ciò che concerne l’omosessualità, mentre l’etimo rinvia a: “Aver paura dello stesso”, di ciò che ci è omologo. Sembra dunque che l’Omofobia sia proprio la paura di se stessi di chi si è. Questo accade perché nel nostro percorso di individuazione capita innumerevoli volte di incontrarci, e poi scontrarci con aspetti di noi che non rispettano ciò che ci aspettavamo di essere.
La psicoterapia si rivolge sempre all’omofobia e al razzismo
La psicologia e la psicoterapia nascono proprio per intervenire su questo meccanismo di repressione, rifiuto, esclusione e ghettizzazione di ciò che non corrisponde alle nostre aspettative. Sotto certi aspetti, e nelle giuste misure, questo meccanismo è un automatismo che ci può aiutare a trovare ciò che più ci si confà. Qualsiasi scelta del partner, eterosessuale o omosessuale, avviene attraverso una valutazione degli aspetti in comune. Eppure, portato all’eccesso, il funzionamento omofobico, quello che tende a respingere eventi e oggetti che non rispondono alle nostre aspettative, può condurre a posizioni veramente razziste e naziste. Dunque la vita di ognuno è il continuo tentativo di ridurre il nostro atteggiamento nazista verso noi stessi, ossia la nostra impulsiva tendenza a chiederci di essere fatti in un certo modo. La psicoterapia si pone in parallelo quando questo processo di conoscenza di se si inceppa aprendole la porta. Se la porta resta chiusa si può rischiare anche l’autoreclusione
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Il corpo è un nemico
Si tenga inoltre presente che la sessuologia ha ben messo in chiaro come il nostro corpo può essere stimolato in una miriade di modi per procurare piacere. Altrettanto potremmo dire la nostra psiche. Dunque il corpo ci è antipatico quando risponde con piacere a situazioni che, nelle nostre aspettative, dovrebbero essere neutre. Questo capita sempre nell’adolescenza, il periodo in cui ci si lancia nella sessualità e si esce dall’infanzia in via definitiva. Molti adolescenti rifiutano proprio le reazioni di un corpo che si eccita.
Come si cura l’omosessualità?
Ce se ne prende cura
Dunque la psicoterapia non cura i pazienti dalla loro omosessualità e più in generale non cura i pazienti. La psicoterapia si prende cura della omosessualità, gli dona uno spazio di legittimità, gli da cittadinanza e aiuta i pazienti a prendersi cura della loro omosessualità insieme a tutte le altri parti di se con cui si fatica a fare amicizia. E sembra evidente che non esiste una psicologia per l’omosessualità ma esiste una psicologia per l’omofobia. Dunque potrebbe far sorridere ma una persona omosessuale ha eventualmente bisogno di una psicoterapia solo se, al contempo, è omofobica. Più in generale la psicoterapia si rivolge proprio alla trasformazione dell’omofobia. Si entra in terapia cercando di somigliare a chi non si è e si esce prendendosi cura di chi si è… ma questo ha poco a che fare con l’omosessualità.
Sembra altrettanto evidente che essere molto lontani anche dalle aspettative condivise, risulta altrettanto faticoso. Ma la psicoterapia svolge proprio questo compito. La psicoterapia sollecita il processo di individuazione, ossia quel processo che Jung descriveva come la graduale presa di contatto con se e presa di distanza con le aspettative nostre e del mondo su di se. Questo processo va sempre sostenuto perché siamo tutti, sempre, inesorabilmente tentati di somigliare a chi ci chiedono di essere.
Conclusioni: A cosa serve una psicoterapia
Uno psicologo potrebbe studiare ingegneria per sbaglio; un ballerino potrebbe trovarsi a fare il ragioniere; un insegnante potrebbe trovarsi a fare l’impiegato; un omosessuale a far l’amore con una persona di genere opposto; un impiegato potrebbe trovarsi a fare l’insegnante; un ingegnere lo psicologo, un ragioniere il ballerino; un eterosessuale a fare l’amore con una persona dello stesso sesso. La psicoterapia si offre sempre come mezzo che con ognuno sostiene le lotte per evitare di reprimere eccessivamente, con ognuno sostiene le strategie per non trasformare le lotte in guerre; con ognuno sostiene il dialogo col corpo e uno stile di vita che punti all’integrazione di quelle parti di noi che sfuggono alle nostre aspettative. Aiuta a transitare le fatiche nel costruire relazioni in un mondo che le ha codificate in modo unilaterale.
Dunque direi che la terapia è sempre auspicabile rispetto all’omofobia mentre ha poco a che fare con l’omosessualità. Ma non possiamo escludere che omosessualità e omofobia convivano nella medesima persona, non possiamo escludere cioè che si tenda a reprimere la propria identità sessuale.