Come gestire la rabbia? il primo di 5 consigli: fatti gestire…
La rabbia, una definizione e una indicazione
Sei nero* di Rabbia e devi uscire di casa per evitare di far danni… lo so capita. Vorresti scagliare il cellulare sul muro, tirare un piatto, uno schiaffo, un pugno, strappare e strapparti i capelli, urlare blasfemie e insulti… L’espressione della rabbia è sempre multiforme, ma una cosa è evidente: chiede di stare nell’agire. E anche se non sembra possiamo trovare un modo di non premere quell’interruttore.
In questo articolo
L’ etimologia della parola RABBIA
Rimanda proprio all’agire e ha una radice che significa “impeto”. Allora direi che proprio l’impeto e l’impulso, che non hanno trovano possibilità di espressione, che vengono repressi, portano ad avere vissuti di rabbia.
CONSIGLIO N. 1 Non cercare di Gestire la rabbia!
Qui sta il paradosso. Gestire la rabbia, significa in una certa misura trattenere. Dunque, un’emozione, un sentimento che è causato dal trattenere un impulso lo curiamo con il trattenere? Sarebbe come fare una dieta a base di pomodori se si ha reflusso.
La rabbia è una delle conseguenze della repressione come difesa psicologica, Come nelle repressioni da parte delle dittature, come quando ci legano o ci impediscono di muoverci.
La repressione è quel meccanismo di difesa che ci vede sotterrare un bisogno e ogni volta che reprimiamo un bisogno questo può tradursi in rabbia. Quindi il primo passo non è gestire la rabbia ma esplorare quale bisogno represso vuole esprimere. E non c’è miglior modo per farlo che parlare con l’emozione che lo anima. Spesso, se non sempre, la rabbia è proprio l’espressione di chi si sente costretto a non provare una certa emozione.
Ogni volta che qualcuno ci dice che l’emozione che stiamo provando è sbagliata, allora sentiamo la rabbia divorarci. Nessuna emozione è sbagliata, ogni emozione ci informa di come stiamo in una certa situazione. Dobbiamo ascoltarla e trovare il modo di renderla visibile al mondo.
La Rabbia nella Mitologia
Il dio della Guerra e della Rabbia è certamente Marte. Ma prima di Marte che è un dio Romano, c’è Ares che è il dio Greco. Ares amava la guerra e la rabbia fine a se stessa. Ognuno di noi ha questa dotazione di base, questa rabbia informe. Poi con la crescita si trasforma in una emozione che ha una funzione più specifica. Marte è l’evoluzione di Ares. E’, infatti, protettore di campi, allevamenti e focolare e se c’è lui è perchè il nemico ci ha invaso. Infatti quando il nemico invade da fuoco ai campi uccide gli animale e distrugge il focolare.
Dunque quando ci arrabbiamo significa molto semplicemente che ci sentiamo invasi. La rabbia è spessissimo l’espressione di un’invasione, di un mancato rispetto dei nostri confini e della nostra identità. Infatti possiamo simbolicamente definire i campi come il nutrimento di cui abbiamo bisogno, gli animali come gli istinti per noi essenziali, e, infine il focolare come la nostra stessa struttura psichica.
CONSIGLIO N. 2 Conosci i tuoi confini!
La mitologia può insegnarci quindi che il sentirsi invasi porta un forte senso di rabbia. L’invasione prevede un non rispetto dei confini. Ma se non conosciamo i nostri confini, se non sappiamo bene chi siamo, allora rischiamo di avvertire una continua invasione. Ogni mossa di chi ci sta intorno rischia di sembrarci un modo per calpestare i nostri piedi. Dunque conoscere bene i nostri confini, la nostra forma è il secondo consiglio. Questa conoscenza ci aiuterà ad arrabbiarci meno perchè spesso nessuno ci sta invadendo. L’80% delle volte ci arrabbiamo senza che nessuno ci abbia invaso o avesse questa intenzione.
Mi ha mollato. Che rabbia!
Ma se invece di un’invasione c’è un’evasione? Se qualcuno ci lascia?
Allora vale un discorso simile. Ogni volta che qualcuno per noi importante va via, non resta all’interno dei nostri confini, allora ci sale la rabbia. In questo caso è importante rispettare la libertà dell’altro e possiamo iniziare a farlo rispettando la nostra stessa libertà. Vale quindi il medesimo consiglio, conoscerci e raccontarci per come siamo, aspettandoci che l’altro faccia lo stesso.
CONSIGLIO N. 3 Inizia, Inventa, Costruisci, Ama!
Ruberei dalla mitologia un ‘altro aspetto. Solo Afrodite era in grado di placare Marte e Efesto era, invece, il dio a lui opposto. Afrodite era ritenuta essere dea del sentimento amoroso, della creatività e generatività, Efesto era invece l’artigiano degli dèi, colui che ha forgiato armi o strumenti nella sua fucina. Quindi dare spazio al sentimento amoroso, essere creativi e darsi nel fare qualcosa, aiuta a mitigare l’impeto marziale della rabbia. Infine Marte è il dio degli inizi, questo significa che inventare, costruire e amare sono le azioni necessarie per dare inizio a qualcosa che da molto tempo tratteniamo e reprimiamo. Un progetto, una fase di vita nuova, avere un figlio, lasciare il fidanzato… Dai inizio a qualcosa.
CONSIGLIO N. 4 Impara parole nuove. Inventale.
La rabbia è un’emozione vorace. Divora tutto, tutte le emozioni. Spesso la usiamo così, come un passepartout per le emozioni che non capiamo o che ci disturbano perchè ci disorientano. Spesso è anche la manifestazione della nostra incapacità di riconoscere ed esprimere le emozioni. La psicologia ha chiamato Alessitimia questa incapacità. Rabbia e Alessitimia sono correlati, più siamo alessitimici e più la rabbia può divorarci e con noi le nostre emozioni. Più ci arrabbiamo e più somatizziamo le emozioni, ossia sviluppiamo un sintomo fisico o una malattia come conseguenza di una incapacità emotiva.
Abbiamo un vocabolario con un numero di parole che varia tra le 250mila e le 400mila, ma noi nel migliore dei casi ne utilizziamo solo 2000. Anche il vocabolario è correlato con le emozioni e con la rabbia. Più parole abbiamo a disposizione e meno la rabbia ci divorerà. I casi di femminicidio in aumento, l’aumento di persone maltrattanti è anche inversamente connesso al vocabolario che si possiede.
Vi spiego: Quando arriva la rabbia abbiamo due possibilità. La prima è agire di fronte all’invasione e quindi usare il corpo, le mani, i gesti, fin anche l’aggressione, per esprimere cosa proviamo. La seconda è spiegare cosa proviamo con le parole. Ma questa seconda possibilità c’è solo e nella misura in cui disponiamo di parole adeguate. Imparare parole, inventare parole, usarle, anche in modo scomposto per descrivere quale emozione proviamo, ci permette di tenere le mani in tasca invece di usarle per aggredire. Aggredire significa “andare verso qualcuno”, è un bisogno di relazione e questo lo possiamo fare parlando (sia chiaro non mi riferisco alla violenza verbale ma alla possibilità di descrivere il nostro stato d’animo)
CONSIGLIO N. 5 Usa l’ironia. Ridici su!
Risulta chiaro che Lei, la rabbia, se la lasciamo razzolare liberamente, dopo un quarto d’ora o mezz’ora, tende a svaporare, a perdere di consistenza.
Dunque risulta spesso efficace anche soltanto allontanarsi e prendersi un momento da soli. Ma è dimostrato essere efficace anche usare l’ironia, sdrammatizzare, prendersi un po’ meno su serio.
Dunque se senti il fuoco che divampa perchè ti senti poco rispettato, fattici una risata sopra, fai una parodia di te e del mondo, ascolta un comico, fingi di ridere allo specchio, fatti il solletico.
Conclusioni
Concludendo direi che abbiamo un quadro generale che ci suggerisce come la rabbia sia l’espressione di una nostra incapacità di riconoscere ed esprimere le nostre emozioni; la rabbia è la manifestazione di un bisogno profondo che fatichiamo a riconoscere e a soddisfare ma che è per noi essenziale; la rabbia emerge quando ci sentiamo invasi, non riconosciuti.
Quindi possiamo :
smettere di cercare di gestirla ma trovare il modo di capire di quale bisogno si fa portatrice. Conoscere bene i nostri confini, i nostri limiti, chi siamo, cosa ci piace e cosa no per scoprire dove la rabbia ha poco senso. Iniziare a fare quello che procrastiniamo da tempo inventando, costruendo qualcosa. Imparare e inventare parole nuove per descriverci e per descrivere le nostre emozioni. Infine, riderci su.
Sull’argomento, guarda il video “La rabbia va gestita? 5 modi di parlare con Marte”