Supervisione e psicoterapia: differenze, pro e contro.
Definizione di psicoterapia
Se dovessimo dare una definizione della psicoterapia direi che è uno spazio e un tempo dedicati all’analisi, alla contemplazione e all’esperienza del contatto con il proprio universo emotivo, con il proprio stile di pensiero, con la propria tendenza a ripetere prototipi relazionali cristallizzati, il tutto con lo scopo di promuovere una più felice convivenza con tutte le parti di se. Questa convivenza più confortevole avrà come effetto collaterale un riverbero sulla propria vita di relazione e sociale in generale.
La psicoterapia è obbligatoria per uno psicologo
La psicoterapia non è obbligatoria per uno psicologo. Per alcuni orientamenti non è né prevista, né raccomandata, per altri è un’indicazione mentre per taluni orientamenti, specie quelli psicodinamici classici, è obbligatoria e entra a pieno diritto nel piano formativo delle scuole di specializzazione. In sintesi l’ordine degli psicologi non ravvede nell’analisi personale un obbligo formativo e uno psicoterapeuta può sedersi sulla sua poltrona senza aver mai calcato quella da paziente.
Cosa è la supervisione
La supervisione, talvolta chiamata “covisione”, è invece quella attività che ha come obiettivo sempre quello delineato dalla psicoterapia, ma con la differenza che, in questo caso, lo scopo è favorire la conoscenza da parte del terapeuta, delle proprie dinamiche interne che vengono rinverdite con uno specifico paziente, il tutto nell’ottica di non intralciare il processo terapeutico dei pazienti con le proprie difficoltà personali. La supervisione avviene con uno psicoterapeuta che supervisiona un altro psicoterapeuta, ma se i due hanno formazione equivalente o sono una coppia analitica consolidata si può parlare di Co-visione. Non esiste modo che un terapeuta non sia vittima delle sofferenze, fragilità o nevrosi o psicosi che possono incontrare i pazienti. Sarebbe come dire che un cardiologo sia immune da possibilità di infarto. E non esiste terapia che funga da vaccino. Insomma qualsiasi terapeuta potrebbe essere chiamato ad aggrovigliarsi nuovamente anche se ha svolto un’analisi didattica.
Analisi didattica o analisi terapeutica
Con Analisi didattica ci si riferisce a quelle terapie nate a scopo formativo e didattico. Quando uno psicologo, ossia un laureato in psicologia che ha sostenuto l’esame di stato (oggi non obbligatorio), si iscrive a una scuola di specializzazione, se la scuola prevede una psicoterapia personale come formazione, generalmente promuove una psicoterapia didattica, ossia svolta con un docente psicoterapeuta della scuola. Questo tipo di terapia secondo alcuni, e io sono tra quelli, è meno efficace. Si perché iniziare una terapia con lo scopo di analizzare è molto diverso che intraprenderla con lo scopo di transitare e alleviare le sofferenze dell’anima. La motivazione dell’una è opposta a quella dell’altra. O per lo meno c’è certamente il rischio che la finalità didattica sia di per se rinforzante l’Io mentre quella terapeutica parte proprio da un io in sofferenza e lo aiuta a stare in quella sofferenza.
Psicoterapia prima della scuola di specializzazione
Sarebbe opportuno, o più in generale è la condizione ideale quella secondo cui lo psicologo, e futuro terapeuta (clicca qui per leggere “sulle differenze tra psicologo, psicoterapeuta, coach, counsellor, psichiatra”), giunga in terapia per un bisogno personale e non didattico professionale. Molte scuole richiedono una analisi precedente all’iscrizione. Oggi, in vero, il bisogno di avere iscritti spinge le scuole ad accogliere studenti che non solo non hanno svolto terapia, ma che hanno un’età molto bassa. Questo fa correre il rischio di diplomare e specializzare psicoterapeuti che hanno fatto un lavoro a metà. Infatti fare una analisi a 24 anni potrebbe essere come fare una confettura con frutta acerba. In questi casi la supervisione sopperisce proprio a questo.
La supervisione “pro”
La supervisione permette di colmare i vuoti analitici legati alle analisi didattiche o alle analisi avvenute troppo precocemente. In questi casi spesso i neo-specializzati, lamentano proprio una ridotta capacità di contatto con il proprio universo emotivo e con le proprie spinte controtrasferali, proprio perché lavorate prematuramente o con un ‘ottica didattica che tende a virare i reali contenuti in luogo di quelli professionalmente desiderabili. Allora la supervisione diventa una neo-terapia, scevra dai condizionamenti didattici, libera dai limiti legati all’età e promuove un’efficacia maggiore del terapeuta che si sottopone a questo lavoro analitico.
Supervisione “contro”
Come sempre il veleno è nella dose e in taluni casi la supervisione si presenta come una vera e propria incapacità di procedere in autonomia, mostrando tutti gli aspetti relativi a una vera e propria dipendenza. Per questi motivi alcuni stigmatizzano la supervisione. La verità è che con cadenza bimestrale è sempre consigliata una supervisione per un neo specializzato, mentre può essere fatta al bisogno per un terapeuta più navigato. Vero è che, sempre, buona parte della conoscenza di se avviene quando il terapeuta svolge il suo lavoro più di quanto non avvenga mentre è in formazione. In questo senso la supervisione diventa una vera e propria psicoterapia necessaria.
Cosa è terapeutico in verità
Ora mi rivolgo allo studente, mi rivolgo a colui che, come me un tempo, ha navigato nel mare delle scuole di specializzazione, ha sostato nel dubbio se iscriversi a scuole cognitive, comportamentali, sistemiche, transazionali, bioenergetiche, psicodinamiche, junghiane, freudiane, lacaniane o hillmaniane. Ecco quando eravamo su quel bivio che pareva più una rotonda con mille strade possibili, il nostro pensiero è andato sempre alla psicoterapia. Farla o non farla, obbligatoria o opzionale. In questi dubbi quello che nessuno ci ha detto è che, se è vero che ogni approccio è psicoterapeutico, significa che ciò che è terapeutico, in realtà, è l’Intenzione di chi svolge il nostro lavoro.
Supervisione obbligatoria
Ma ciò che non ci viene sempre detto è che questo è un lavoro in cui si fatica e si soffre e se non abbiamo imparato a farlo con noi, perché mai dovremmo riuscire a invitare i pazienti a questo. Dunque la supervisione rientra a pieno diritto tra gli strumenti importanti, talvolta opzionale, talaltra necessario a garantire il buon andamento della psicoterapia. Difficile trovare un buon supervisore… un po’ come trovare un terapeuta rispondente al nostro stile analitico. Ma le possibilità on line (Leggi qui pro e contro sulla terapia on line) consentono di avere grandi possibilità di scelta. La lunga esperienza maturata nella supervisione individuale, di gruppo e d’equipe, mi fa dire che a volte la supervisione è il vero e reale contesto analitico.
E per non essere dipendenti suggerirei, come faccio anche in terapia, che la terapia non la fa il terapeuta ma il paziente. Dunque la supervisione, come la terapia, è “Uno spazio e un tempo dedicato all’analisi” dicevamo. Lo spazio è fisico fin quando, lì, ne avremo generato uno psichico. A quel punto il terapeuta e il supervisore dentro di me saranno più che sufficienti.