LA MISSION DELLE CONFESSIONI? il Suicidio dello Psicoterapeuta
#Confessionidiunopsicoterapeuta
“L’impegno sociale a fornire prodotti del sistema medico rischia di distruggere le condizioni ambientali e culturali necessarie perché la gente viva una vita di costante guarigione autonoma… la salute tocca i suoi livelli ottimali laddove l’ambiente genera capacità di far fronte alla vita in modo autonomo e responsabile…Oltre una certa misura critica, la tutela della salute equivale a una negazione sistematica della salute”. (I. Illich)
Ecco cosa è una confessione. Una confessione è il momento più alto del nostro vivere. È il momento in cui, levati i veli, ci sveliamo. Ma non è un’ostentazione, piuttosto è mostrare le parti che non vanno svelate e questo non può che essere il primo obiettivo di una psicoterapia. Jung citava diverse funzioni della psicoterapia, quella pedagogica, quella trascendente e così via… ma sempre, tutte, immancabilmente, dopo la confessione. Così abbiamo rubato il mestiere ai preti, semplicemente aggiungendo, all’inizio, “prego si spogli e si stenda”. Allora perché un paziente lo faccia, perchè si spogli, perché il mondo smetta di nascondersi è importante che la psicoterapia smetta di essere il nascondiglio ideale.
Dunque. Lo confesso! Il solo concepire la psicologia e la psicoterapia è il mezzo con cui si minaccia la salute psicologica, è il primo modo con cui si contribuisce alla sofferenza. Il paziente che giunge mi attribuisce poteri superiori, mi osserva convinto che io sappia qualcosa di segreto. E invece non sa che una volta giunto nella stanza d’analisi, cercherò di suicidarmi per tutto il tempo, cercherò di aiutare il paziente a vivere il lutto dell’immaginario terapeutico, lo accompagnerò, anche violentemente, di fronte a uno specchio in cui la mia immagine, dovrà comprendere, non è altro che il peggior nemico della sua salute psicologica che, secondo necessità, percorre vie che nessun terapeuta conosce.
Queste confessioni sono il racconto di questo suicidio, nella speranza che, il mondo dopo 120 anni di psicanalisi vada meglio.Da Socrate a Nietzsche, da Freud fino ad Hillman, le Confessioni prendono spunto dalle considerazioni dei grandi psicologi, per parlare dell’indicibile della terapia, per uccidere e trasmutare l’idea dello psicoterapeuta che risulta iatrogena. Siete tutti i benvenuti in questo viaggio immaginale che niente altro è che un elogio del suicidio ma, sia inteso, il suicidio immaginale va inteso semplicemente come la capacità di rinunciare alle nostre illusorie aspettative sul mondo che ci circonda. Rinunciare all’idea salvifica che qualcuno ci solleverà dal corso del nostro vivere può diventare il primo passo per trovare le risorse per condurre proprio quel “vivere”.